In cima alla piramide dei bisogni

Amazon vola la in alto, in cima alla piramide dei bisogni
Hai gia visto l’ultima pubblicità di Amazon? Quella delle tre signore anziane al parco? Sicuramente si.
La storia è più o meno questa: siamo in inverno e le tre anziane sono sedute su una panchina in un parco e guardano divertirsi alcuni ragazzi che scendono da un pendio su degli slittini. Una di queste ha lo sguardo del “vorrei ma non posso” e questo desiderio viene intercettato dall’amica scaltra.
Lei, quella più attenta e risoluta e all’apparenza più in forma delle tre donne si illumina, un pensiero si palesa e le si legge in faccia: perché noi no?
La si vede comprare sul sito di Amazon un comodo cuscino adatto allo slittino che le viene recapitato a casa mentre nelle scena successiva lo stesso pacco viene consegnato la mattina successiva alle amiche che con un certo stupore lo aprono. E’ fatta. Poco dopo le signore sono sedute comodamente sulla ciambella che scendono dallo stesso pendio dei ragazzi, sedute sugli slittini, si divertono, ridono, ritrovando un momento di svago e divertimento, di evidente leggerezza.
Alcuni ragazzini guardano la scena, stupiti, quella di 3 anziane signore compiaciute che se la spassano proprio come loro. La fautrice del sogno solleva lo sguardo al cielo e chiude gli occhi in un respiro profondo che sa di felicità, dove si rivede da piccola e rivive il tempo passato.
Nella frenesia quotidiana, ci imbattiamo spesso in pubblicità che ci promettono di soddisfare i nostri desideri più profondi, lavorando sul livello più alto dei nostri desideri più nascosti e sopiti, umani. Questa pubblicità è infatti uno di quei casi ascrivibili alla famosa piramide di Maslow, lassù in cima dove molti brand lavorano per toccare le corde più alte dell’animo, la dove i desideri si fanno impalpabili ma intensi, a cui è difficile rimanere indifferenti. La piramide di Maslow, definita la piramide dei bisogni dell’essere umano vista con la lente del marketing, è di una potenza enorme, ancora attuale e spiega perché i più grossi brand lavorano su quell’ultimo gradino.
Non ti viene in mente nessun’altra pubblicità del genere? Neanche se pensi a qualche autovettura? O profumi famosi? Quando queste pubblicità fanno presa e in cui ti immedesimi, ti agganciano, è difficile resistere. Ora non dico che bisogna correre in concessionaria o a comprare un nuovo prodotto, però qualcosa si smuove dentro, qualcosa di molto vicino a un desiderio, a una volontà di aggancia.
Ma torniamo alla piramide di Maslow e alla sua teoria. Questa piramide è la rappresentazione di uno strumento (che ha una certa età in effetti) dello psicologo naturalizzato americano sempre rappresentativa se adattata al mondo del marketing. I bisogni man mano che si sale nella piramide a blocchi e che partono da quelli primari fisiologici (bere, mangiare, dormire) diventano via via più intensi come quello di autorealizzazione, stima e considerazione, fino ai bisogni ancora più alti, quelli catalogati come spirituali. Si può salire in cima alla piramide sole se vengono via via soddisfatti tutti gli altri e diviene difficile riuscire e non ascoltarli e metterli a tacere una volta intercettati.
Amazon qui, e come del resto tutti i grossi brand sanno fare, ha perfettamente lavorato sul come accendere questa scintilla, declinandola ad una storia reale, di desiderio di realizzazione personale condivisa. Il prodotto è e rimane un prodotto, ed è esattamente quello che serve per raggiungere lo scopo e anche velocemente, e guarda caso, passando da un banale acquisto online che funziona alla perfezione.
Conclusione: in sintesi, la pubblicità di Amazon si presenta come un’abile architetto dei nostri desideri, dando concretezza alle nostre scelte. La consapevolezza di questo processo ci invita anche a riflettere criticamente sulle nostre scelte di acquisto e a considerare se stiamo perseguendo la nostra autorealizzazione (che ha una giustificazione se vogliamo), o se è una banale necessità. Forse poco importa questa distinzione, l’obbiettivo rimane lo stesso, soddisfare un bisogno, in cui l’abilità di chi lo racconta è quella di saperlo raccontare senza parlare del servizio che rimane qui in secondo piano.